Gaifa al cubo: ricostruiamo il Castello di Primicilio
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Nato a Corniolo di Santa Sofia sull’Appennino forlivese il 20 novembre 1934, si è trasferito a Piobbico nel 1975 in provincia di Pesaro, nel 1978 arrivò a Canavaccio restandoci fino al 1983 circa per trasferirsi a Bivio Borzaga di Fermignano. Gelli ha cantato il liscio in tutta Italia e in buona parte del mondo.
Grazie alla popolarità ottenuta col complesso “Edgardo Gelli e i Mattatori”, il musicista aveva debuttato nel 1969 con l’orchestra Casadei. Oltre a “Romagna mia”, incise “La mia gente” e “Verso casa mia”. Gelli partecipò anche a diverse edizioni del Festivalbar e al Festival di Sanremo. Lo scorso febbraio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, gli scrisse una lettera di ringraziamento per aver portato nel mondo “Romagna Mia”.


Edgardo Gelli racconta la sua partecipazione nell’orchestra di Secondo Casadei


Festa Paesana – Canavaccio 1980 – Edgardo Gelli al Saxofono sale sul palco e improvvisa alcuni pezzi con l’orchestra

Intervista a Edgardo Gelli da ” il Resto del Carlino”

Fermignano (Pesaro e Urbino), 30 marzo 2015 – Edgardo Gelli è familiare alle orecchie di intere generazioni, a diverse latitudini. Ma il suo nome così, forse, dice poco. E’ lui la voce di “Romagna mia”, il celebre brano scritto da Secondo Casadei. Vero è che fu Fred Mariani il primo ad inciderla, ma è sua la versione definitiva, la più popolare. Ora quel “vibrato” vive, a Fermignano, nell’imperativo dei suoni. Da quando gli occhi hanno calato un sipario color della china. «La mia vita – dice – è una battaglia, che però ho vinto. Sono nato a Forlì – comincia –, a Corniolo di Santa Sofia. Ho sempre suonato il saxofono e cantato. Avevo un gruppo, si chiamava I Mattatori».

Siamo negli anni… ?
«’60. Facevamo i Platters, i Beatles, poi Rolling Stones… insomma, musica rock».

E il liscio quando arriva?
«A Forlì, al bar Primo Maggio. Venne a sentirmi Secondo Casadei, zio di Raul, mi disse: “Prima o poi riuscirò a ficcarti in gola Romagna mia”. Immaginarsi la reazione di un rockettaro: dissi di no».

Poi?
«Poi ci riuscì. Dopo aver finito la stagione col gruppo lo sciolsi, era venuta un po’ di crisi per il rock. La incisi per la prima volta il 2 novembre del 1969, a Milano, per la Produttori Associati/Ricordi. Prima tuttavia avevo già inciso “Io sono come sono” e “La mia gente”. In pubblico l’esordio con “Romagna mia” fu a Goro, a ottobre».

Che anni furono?
«Facevamo serate su serate, in tutta Italia e anche all’estero. Mi ricordo un concerto a Berna: saranno stati in 20mila a ballare sul prato. Tra locali e case discografiche incontravi tutti: De Andrè, Mina, Mike Bongiorno. De André mi chiedeva di cantargli “L’amore è una cosa meravigliosa”. D’altronde anche prima, con il mio gruppo, ne incontravo molti. Al Sombrero c’era Berlusconi. Lui voce, piano e musica francese. Io rock. La sera spesso ci mangiavamo una pizza insieme. Era un giovane brillante».

Quando si accorse del successo?
«Subito. Poi negli anni Settanta arrivarono tre Festivalbar e un Sanremo».

Come andò all’Ariston?
«La considero una delle esperienze più brutte. Un mondo di plastica, finto».

Ha brutto rapporto col successo?
«Sì, me ne infischio. Ma che cos’è il successo? E’ questo il fatto: semini semini, ma per cosa poi?».

Però ne ha avuto…
«Certo, ho inciso 400 canzoni, ne ho scritte 223 (perché da 14 anni scrivo anche) e lavorato con 9 case discografiche. Ma ho sempre mantenuto un certo distacco. Anzi, quando le cose cominciavano a non piacermi me ne andavo al fiume, a pescare».

Qual è la canzone a cui è legato di più?
«La mia gente».

Si sente la voce del liscio?
«Sì, perché canto col cuore».

C’è una voce che invidia?
«Ah sì, quella di Bocelli».

Cos’è per lei “Romagna mia”?
«E’ tra le quattro canzoni italiane più note. Dopo “Volare”, “O sole mio”, “Munasterio” e “Santa Chiara”. A proposito di Volare ricordo una volta, mentre la stavo cantando, che Modugno, tra il pubblico, mi disse: “L’hai fatta meglio di me”».

Quando e perché ha deciso di ritirarsi?
«Non mi sono ritirato, suono ancora tantissimo, accompagnato dagli Amanti della musica. Diciamo che nel ‘75 ho lasciato Casadei e mi sono ritirato a Piobbico, poi a Fermignano. Lo sa? Ho scritto tante canzoni per il Club dei brutti».

Perché questa scelta?
«Ero stanco di vivere sul pullman».

Quando ha perso la vista?
«A 70 anni, all’improvviso. Poi mi è stato detto per un prelievo di sangue sbagliato, una bolla d’aria che mi ha danneggiato il nervo ottico. La musica mi ha aiutato. Ora continuo a scrivere assieme ad un arrangiatore che traduce sullo spartito per me e il mio udito è più sensibile».

Che musica ascolta?
«Di tutto».

La radio?
«Sissignore, anche se il panorama musicale è povero. Sì è costretti ad imitare. E poi vorrei sentire più interpreti in italiano».

Cosa ha scritto ultimamente?
«Un brano su Urbino. Mi ha sempre attratto, è un’opera d’arte, non una città. Come canto, “Da sopra la collina respira aria di mare”».

Paolo Sanchioni

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Paolo Sanchioni

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