Il mulino del Piano è posto sulla riva sinistra del fiume Metauro. Esso è costituito da vari corpi di fabbrica addossati di cui l’opificio, parte originaria del complesso, presenta la base disposta ortogonalmente rispetto al senso del bottaccio.
Al suo interno vari collegamenti garantivano la mobilità e la sicurezza di chi vi abitava: ai piani inferiori vi erano gli ambienti delle attività molitorie mentre al primo piano vi era la zona residenziale del mugnaio.
Gli edifici sono stati realizzati con ciottoli, mattoni e conci di pietra, un tempo intonacati con malta idraulica; i tetti sono del tipo a falda simmetrica con copertura di pianelle e coppi.
Il complesso dispone di vari annessi che venivano impiegati per stivare le derrate destinate all’allevamento e come stalle per gli animali da soma. Gli apparati idraulici del mulino del Piano sono in perfetto stato di conservazione, mentre le ritrecini e le macine, anche se presenti in tutte le loro componenti, sono smontate e in attesa di lavori di restauro,
Lopificio, negli ultimi anni del suo funzionamento, disponeva di due macine destinate alla produzione di farine e biade mentre in passato possedeva un terzo palmento azionato dall’acqua di recupero delle ritrecini superiori.
L’operazione era possibile tramite la chiusura di una apposita paratia che deviava il flusso dell’acqua verso un canale secondario posto a valle. Negli anni Settanta, per mantenere in vita l’opificio e ridurre la fase manutentiva dell’impianto venne inserito, in sostituzione delle ritrecini in legno, un sistema di pale e ritrecini metalliche prodotto dalla ditta dei F.lli Cencioni di Acqualagna.
Ultimo mugnaio: Delpino Salucci (1921), originario di Montefelcino, proveniva da una famiglia di mugnai e conduceva l’impianto aiutato dalla moglie Derna Guazzolini. Anno dismissione attività: 1985.
Delpino Salucci come tutti i mugnai manteneva in ordine l’impianto, batteva le macine e puliva gli invasi. Il mulino aveva un consistente bacino di utenza che impegnava il mugnaio per tutto l’arco dell’anno e gli limitava la possibilità di eseguire lavori collaterali in altri opifici, come invece accadeva per i gestori dei mulini minori.
Con la diffusione dei laminatoi a cilindri il mulino del Piano ridusse la fase della molitura e incrementò il lavoro commerciale raccogliendo il grano che poi confluiva al mulino a cilindri di Urbania, per poi ridistribuirlo alla propria clientela già macinato.
La letteratura relativa a questo opificio ne attesta l’esistenza in età ducale: nel 1526, alla morte di Elisabetta Gonzaga, il mulino del Piano venne ceduto alla Fraternità di Pian di Mercato di Urbino. Questa istituzione lo mantenne sino alla fine del XIX sec. operandovi migliorie e continui lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria,
soprattutto inerenti la chiusa, la gora e il bottaccio che, per la loro posizione sulla impervia riva sinistra, richiedevano consistenti e frequenti interventi di recupero, ampiamente documentati dagli organi amministrativi della stessa Fraternità.